La bufala sulla legalizzazione del "terrorismo di stato” e il ruolo dei servizi segreti. Parla Mario Mori


Mario Mori (foto Ansa)
l'intervista
L'ex direttore del Sisde spiega perché non è vero che il decreto Sicurezza consentirà ai servizi di compiere un colpo di stato, come denunciato dall'inedita coppia Boldrini-Renzi. E dice: "Gli agenti dei servizi devono poter agire agli alti livelli delle organizzazioni terroristiche"
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“Per i servizi segreti un conto è avere all’interno di un gruppo terroristico o mafioso una fonte che è un semplice simpatizzante, insomma un picciotto di mafia. Ben altro conto è avere una fonte che partecipa alle riunioni della direzione strategica del gruppo. Cosa si vuole dai servizi? Che svolgano le loro operazioni fiancheggiando la costa, oppure che vadano al largo, cercando di capire a fondo come funzionano le organizzazioni terroristiche e mafiose?”. A porre la domanda, intervistato dal Foglio, è l’ex generale Mario Mori, già comandante del Ros dei Carabinieri e direttore del Sisde, l’organismo di intelligence che fino al 2007 ha svolto l’attività di raccolta e analisi di informazioni per la sicurezza interna. Mori si riferisce alle polemiche che hanno accompagnato l’approvazione definitiva del decreto Sicurezza, in particolare per una norma in esso contenuta che amplia i reati per i quali gli agenti dei servizi possono agire senza essere puniti. A questi sarà infatti consentita non più solo la partecipazione ma anche la “direzione e organizzazione” di associazioni con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.
La disposizione ha provocato l’indignazione soprattutto della deputata Pd Laura Boldrini, che ha denunciato “la legalizzazione del terrorismo di stato”, e del leader di Italia viva, Matteo Renzi, che mercoledì nell’Aula del Senato ha attaccato il governo: “State dicendo che se i servizi segreti vogliono compiere un colpo di stato stanno rispettando la legge, e non c’è nessuno che si muova. Avete scelto di mettere i servizi segreti nelle condizioni di dirigere associazioni terroristiche, ma siete impazziti?”. “Nel paese della P2, di Gladio e di Piazza Fontana, noi per la prima volta nella storia repubblicana diamo ai servizi segreti la possibilità di guidare organizzazioni terroristiche”, ha aggiunto Renzi.
Le cose, in verità, non stanno esattamente come rappresentate dalla strana coppia Boldrini-Renzi. La legge che disciplina le attività di intelligence infatti, come ci ricorda anche Mori, stabilisce chiaramente che le condotte relative ai reati scriminati (per esempio partecipazione ad associazioni sovversive, arruolamento con finalità di terrorismo, organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo, partecipazione a banda armata) possono essere compiute dagli agenti dei servizi solo se rispettano i criteri di indispensabilità, ragionevolezza e proporzionalità. Soprattutto, la legge esclude che possano essere autorizzate condotte dirette a mettere in pericolo o a ledere la vita, l’integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l’incolumità di una o più persone, e altre condotte particolarmente gravi, come ad esempio attentato contro organi costituzionali o contro i diritti politici.
“Chi è del mestiere sa che ci sono presupposti molto precisi per lo svolgimento delle attività riconducibili ai reati scriminati”, afferma Mori. “Tanto per dirne una, un agente dei servizi non può sparare, come invece è previsto in altri paesi come la Francia. Allo stesso modo non puoi sovvertire le istituzioni”.
Insomma no, non è vero che il decreto Sicurezza legittimerà i servizi segreti a compiere colpi di stato, come sostenuto da qualcuno. Piuttosto, l’occasione è utile per riflettere sulla direzione che i servizi di intelligence dovrebbero avere. “Se vuoi rendere veramente efficace il lavoro del servizio, gli devi dare la possibilità di agire ai giusti livelli”, sottolinea Mori.
“Sa qual è l’essenza dell’attività dei servizi segreti?”. Qual è? “Glielo spiego con un esempio. Prendiamo il più importante latitante al mondo fino a qualche anno fa: Osama Bin Laden. Il sogno di un agente di polizia giudiziaria, di un carabiniere o di un poliziotto è arrestare Bin Laden. Il sogno di un agente dei servizi, sia esso italiano o americano, è far diventare Bin Laden una propria fonte. La differenza è tutta qui”. Perché è questo il sogno dei servizi? “Perché in questo modo sviluppi ulteriormente l’attività di intelligence. Addirittura entri nel campo avverso e puoi capire completamente l’organizzazione e la strategia del tuo nemico, perché hai uno dei massimi esponenti che ti fa da fonte”, risponde Mori.
Una lezione per chi in queste ore parla, a sproposito, del ruolo dei servizi.
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